Solo metà delle aziende italiane lascia la Russia a causa della guerra.
Lo rivela l’Università di Yale che ha elaborato un database sulle strategie di permanenza delle aziende multinazionali in Russia. Secondo questi dati, metà delle 35 aziende italiane hanno lasciato la Russia mentre l’altra metà del Made in Italy resta sorda alle sanzioni imposte dall’Occidente e rimane con Putin. A diffondere la notizia è il Fatto Quotidiano.
Molte aziende occidentali si sono trovate in difficoltà dopo l’aggressione della Russia in Ucraina e sono stati vari i tentativi di queste aziende europee di scavalcare le sanzioni imposte dai loro stessi paesi. Molte si sono date alla fuga e altre hanno deciso di restare. Tra queste la metà delle aziende italiane. Secondo quanto rivela lo studio dell’Università di Yale, la ritirata dalla Russia colpisce solo la metà delle 35 maggiori aziende italiane attive nella Federazione guidata da Putin.
Tra le aziende inserite nello studio dell’università a dispetto delle sanzioni internazionali ci sono marchi come Calzedonia, De Cecco, Diadora e Giorgio Armani. Ma a queste si aggiungono anche Benetton, Diesel, Menarini e Unicredit che però smentiscono l’elenco americano. Le aziende sono state condattate al quotidiano ma non hanno risposto. Secondo l’elenco di Yale ci sono anche aziende italiane che starebbero ancora temporeggiando su quale decisione prendere. Tra queste multinazionali ci sarebbero Barilla, Campari, Delonghi e Geox.
Le multinazionali italiane che temporeggiano
Tra le altre, Intesa Sanpaolo valuta le opzioni e Maire Tecnimont fermerà tutte le attività entro fine giugno. Ma questo elenco dell’università di Yale lascia scettici molti e le stesse aziende non accettano questa classificazione. Come ha dichiarato Benetton: “Il gruppo ha sospeso tutti i programmi di sviluppo in Russia, destinando gli investimenti previsti in assistenza umanitaria al popolo ucraino, ha donato capi ai profughi e si è impegnato per fornire protezione e supporto ai rifugiati in Italia, ma ha deciso di proseguire le attività commerciali in Russia, dove i suoi negozi danno impiego a oltre 600 famiglie“.
La maggior parte delle aziende straniere in Russia ha chiuso ed è andata via oppure come la Renault è “diventata russa” lasciando le sue quote al governo russo. Molte delle aziende italiane si sono limitate a ridurre l’attività e non chiudere definitivamente tra cui Enel, Ferrero e Iveco.